Esistono valide ragioni per credere che alcuni uomini di Neanderthal facessero uso di erbe terapeutiche. In una caverna di Shanidar, nell'Irak del nord, alcuni archeologi scoprirono polline di otto diversi tipi di piante, accanto allo scheletro di un uomo adulto. All'inizio si pensava che si trattasse di un'espressione d'amore e di devozione per il parente scomparso ed era considerata testimonianza della profonda spiritualità degli uomini di Neanderthal, ma oggi si ritiene che potesse trattarsi degli strumenti del mestiere di uno sciamano. Il noto paleontologo francese A. Leroi·Gourhan ha identificato almeno sette degli otto campioni di polline trovati nella sepoltura, e si tratta di piante che hanno ancora oggi un'importante validità terapeutica, sia in quella zona, che in tutto il vecchio
continente (ad es. la Achillea, il cui nome anglosassone, yarrow, significa "guaritore"; Althea, o Altea rosata, il cui nome in greco vuoI dire anch'esso "guaritore"; Senecio, uno dei cui nomi comuni inglesi, groundsel, deriva dal termine anglosassone che sta ad indicare "divoratore di pus"; Ephedra, la coda cavallina, una specie che contiene la ben nota efedrina, uno stimolante dei nervi). Secondo l'archeologo della Columbia University, Ralph S. Solecki, che ha scavato sepolture risalenti a 60.000 anni fa nella zona di Shanidar, la grande presenza di piante dall'indubbio valore terapeutico in una delle tombe, fa pensare alla profonda spiritualità degli
uomini di Neanderthal. Viene anche la tentazione di presumere che, se questi uomini di Neanderthal, che Solecki e altri studiosi ritengono essere gli antenati diretti dell'uomo moderno, conoscevano in maniera approfondita tante piante medicinali, molto probabilmente avevano anche una certa familiarità con una parte della flora psichedelica della regione.

https://www.samorini.it/doc1/alt_aut/ek/furst7.pdf