
Il portico dell'esperienza adeguatamente psichedelica che è via Parigi. Un incrocio di vite, la svecchiata linea al centro del rosone circolante: via Parigi, una quasi casa. Credo di averci passato le piccole cose più belle del tempo finora scorso. Sto finendo il mio ultimo anno in un'apocalisse tempestosa di ricordi che si susseguono come istantanee sui muri: un circo tragicomico di saltelli e versi, e la tensione dei corpi, così incessantemente in cerca. In via Parigi più che in ogni altro luogo, pare che gli eventi scorrano più fluentemente, per sua natura.
In via Parigi ti sorprendi spesso a pensare:" perché ci mangiamo le dita?" e una decina di scorpioni ti passano vicino, eventi dall'aura verde: qualcuno ti regala nozioni, qualcun altro ospitalità e annessi doni;
il possente naso alla frank zappa del guru di quartiere ti aspetta sulla soglia, sopra ai baffi ironici di un Nietzsche realizzato. Il ragazzo seduto al tavolo, Edoardo dalle camicie a fiori e gli occhi allungati, ha mani frenetiche e sguardi innocenti. Il volto in eterno mutamento espressivo di Sofia si volta per sorriderti, diffidente: l'aura verde prato si sfila sul pavimento, ed ecco gli stivaletti bassi di Pier. Un'aura verde militare appare attorno alle mani di questo alto santo, come un'enorme ombra fresca di letteratura. Il profumo di matite e libri ci insegue tutti, mentre la scia sephorafica di Filomena ci investe di socialità:"Su! Non vorrete mica farvi accalappiare dalle matite e dai libri, andiamo! Vi compro un vestito nuovo" Ma siamo trattenuti tutti dal seguirla, è giunto l'istante di un taciturno saluto alla sarcastica Clara e alla serissima Adriana. Un'ombra paranoica di sorrisi è dietro di loro: è arrivata Lorena, la sua aura verde semaforo si spegne e si accende di curiosità allo scorgere l'inaccessibile avvocatessa: gli avvocati sono tutti pazzi, e Filomena ne è la prova. "Qual'è la differenza tra me e Filomena?" Si chiede Lorena mentre s'accorge che la Filo è un'avvocatessa consumista. Se lo chiede perché Il suo idealismo utopico la tradisce spesso. Come Vorrei che prendesse le cose più alla leggera. Edoardo e Caterina non smetteranno mai più di ridere, e le loro risate sono così contagiose che non posso non farmi trascinare: nel riso, trascino sempre Sofia, e di nuovo la sua espressione muta, da avvilita ad allegra, in un nano secondo, e le sue colorate linee dal caratteristico tratto spiccatamente personale si incidono nei miei occhi, perforano le migliaia di fogli che riempiono e ci riempiono. I colori scivolano dentro al black humour sulla madonna, di Claudio, il barista, e intanto Filomena attende con un'espressione dolcemente vacua: sono passati un numero probabilmente ridotto di minuti, ma nella frenesia dei fatti, v'è un'ordine cosmico, una precisione dettagliata. Ripeto queste ultime parole a Lorena, con un'aria profondamente idealista:"Quanto è importante il significato", il mio sorriso pare esprimere. Cerco di convincermi che c'è un Huxley dentro di me, e c'è un Huxley dentro di lei, un Huxley ben integrato nella sua fisiologica paranoia difensiva, propria tanto di lei, quanto di huxley, quanto di chiunque altro; e per giunta, c'è un huxley in tutti quanti. Sono attratta da Lorena come una falena nella notte è attratta da un falò, e perciò i miei sensi si dilatano espansivamente. L'attrazione nel mio linguaggio psicofisico è identica allo scontro psicologico tra ego. Il mio è enormemente incombente, e nascosto come le fondamenta della città. Ma contemporaneamente, vorrei che le mie parole giungessero alle orecchie esperte di Pier, quell'insondabile intellettuale dall'apparenza vellutata. Inutile negare il suo risplendere ascetico. In tutto questo, continuo ad essere del tutto rapita dalle risate di Caterina, dalle battute delicate di Edoardo, dai mutamenti facciali di Sofia, dall'espressione immensamente distante di Filomena, come se tutto intorno a me si mescolasse in un fluido insieme di particolari. Il tutto mi attrae terribilmente, e di nuovo sento la spiccata volontà del protagonismo interiore: realizzare la bellezza che mi circonda in una forma meno bella del reale, ma assolutamente personale. Il frank zappa di quartiere che gestisce il piccolo locale che, guarda caso, è verde, a tratti compare sulla scena come uno scossone di terremoto, come un evento dalle basse probabilità di accadere, che cambia completamente la natura dell'osservazione: Claudio, è una fondamenta anche lui, ed è una colonna, o forse addirittura un intero porticato."