Dèi Alligatori - DMT
Inviato: dom apr 29, 2018 9:45 pm
====== Dèi Alligatori - DMT ======
Autore | Fohat |
Sostanza assunta | DMT |
Via di somministrazione | fumata |
Quantità | 40mg |
Intorno alle quattro del pomeriggio arrivo a casa di N. Siamo soli e molto eccitati all'idea di provare una delle sostanze più affascinanti che esistano, la DMT. A dire la verità N l'ha già sperimentata con un amico sotto forma di changa, la settimana scorsa, ma dice di non essere pienamente soddisfatto dell'esperienza.
Così tira fuori un piccolo contenitore conico con 80 mg di cristalli trasparenti tendenti all'arancione e piuttosto appiccicosi, e decidiamo di dividerli a metà: 40 mg a testa.
Siccome ha già provato faccio iniziare lui. Carichiamo la 'pipa' che N ha costruito davvero bene per essere fatta in casa e lui si siede sul letto. Io metto della musica d'atmosfera a basso volume (El aguila y el condor di Tito La Rosa), spengo la luce e, in ginocchio, con l'accendino parto dal basso e mi avvicino lentamente al braciere.
Dopo qualche aggiustamento una piccola scia di fumo si alza nella bottiglia. In qualche secondo la fumata diventa densa e consistente, aspetto che riempia la bottiglia e gli dico di tirare. L'operazione si ripete tre volte, alla quarta N mi allontana con una mano, ne ha abbastanza, e si sdraia sorridendo.
L'atmosfera in penombra e la musica mi coinvolgono a tal punto che mi sento ipnotizzato anche io, e mi siedo in terra un po' distante, per cinque minuti, nel silenzio.
Poi viene il mio turno.
Ricarichiamo. Prendo il posto di N e lui il mio. Tensione, tensione incredibile. L'accendino va su e giù, poi si ferma, ha trovato il punto. All'improvviso una fumata enorme, il doppio delle precedenti, esce dal braciere e riempie la bottiglia. Inspiro a pieni polmoni, trattengo a lungo, espiro, poi ancora una volta svuoto la bottiglia. Percepisco un repentino cambiamento, guardo la bottiglia che si sta di nuovo riempiendo: «No! Andrò troppo oltre», penso, ma in un attimo decido: faccio anche il terzo tiro con forza e trattengo trattengo trattengo! Il bruciore del fumo è sempre più forte e ho due forti spasmi di tosse, ma non mollo. Fisso il tappeto davanti a me, e tutto comincia a muoversi velocemente e in modo confuso, come l'acqua nel momento in cui inizia a bollire forte. In un istante vengo risucchiato da qualche parte. Ora posso espirare, e mi lascio cadere sul materasso.
Subito ad occhi chiusi si palesano delle visuali intensamente colorate, sono triangoli, ma i lati spanciano verso l'interno come delle cuspidi, e brulicano ancora come l'acqua che bolle, vibrano.
Poi si stabilizzano, formando una cupola allungata verso l'alto e tappezzata di pattern. Aprendo gli occhi vedo le stesse cose proiettate sulla parete della stanza, ma è come se si frapponesse un velo e le vedo solo accennate, perciò decido che terrò gli occhi chiusi.
Adesso i triangoli interagiscono tra loro e si fondono formando due enormi esseri, due colossi slanciati verso il cielo. Chi sono questi bestioni? Li guardo bene, il loro aspetto è tutto basato sulle geometrie triangolari. Hanno il corpo slanciato e la faccia che è un misto fra quella del dio egizio Anubi e quella di un alligatore. (Mi si farà notare in seguito che un altro dio egizio, Sobek, ha la testa di alligatore)
E non sono solo in due, essi sono collegati fra loro dalle appendici dei loro corpi, e verso l'alto le loro facce si ripetono all'infinito, emergendo più piccole dal diramarsi delle loro estremità.
Non hanno un inizio e una fine precisa i loro corpi, sono tutti parte di un frattale gigantesco che si staglia nell'infinita altezza della cupola, o forse ne costituisce la struttura.
Quel che è certo è che si distinguono in due colonne, i due esseri più grandi sono uno a destra e uno a sinistra. Due colossi perfettamente simmetrici, che tuttavia non sono fissi, ma continuano a brulicare, anzi, ora oscillano da un lato all'altro in una specie di danza shamanica.
Il mio respiro è ampio e profondo, di una naturalezza incredibile, ed è qui che avverto di essere "a Casa". È un richiamo ancestrale.
Sento di essere nel luogo dove tutto è cominciato. La mia esistenza eterna ha attraversato infiniti mondi, questo è forse il ricordo di uno di essi, e viene da un passato lontanissimo. Forse.
Ma sicuramente questi due esseri, loro sono antichissimi, sono guardiani dell'universo, creature gigantesche e imponenti vive da millenni.
Tutto questo mi comunica la loro vista mentre sono disteso, e loro sopra di me sembra che mi stiano vivisezionando, o che, possenti sciamani, mi stiano somministrando dei rimedi, danzando nel frattempo intorno a me nella grande tenda circolare.
L'effetto scende drasticamente tutto insieme, e questa realtà così vivida si dissolve come nebbia, si confonde con qualcos'altro, passando in secondo piano. Capisco solo ora di trovarmi in una tenda, perché questa sta sfumando e dietro comincio a mettere a fuoco: intravedo la civiltà, un viale, passano due macchine, poi vedo un enorme stadio di calcio illuminato, lo vedo dall'alto e piano piano la visuale scende fino a terra, ma ora è un campo di calcetto di periferia, è sera ed è illuminato da lampioni bianchi, io mi trovo a pochi centimetri da terra, nella posizione da cui si batte un calcio d'angolo.
Vedo un calciatore che corre, calcia la palla, ma la palla è un groviglio informe di serpentelli di carta luminescenti, e su ogni striscia di carta vi sono tantissimi caratteri di un alfabeto che non riesco a distinguere, e rifulgono di luce.
Tutto è adesso strano e simile ad un sogno, dove cose molto significative si mescolano a cose nonsense, e comincio lentamente a parlare e descrivere ciò che vedo, con un tono calmo e profondo.
E descrivendo mi rendo conto di riuscire a creare con la parola la realtà interna. Infatti quando descrivo il campo di calcetto mi soffermo un attimo per cercare la parola giusta: "campo" non si addice al terreno sempre più grigio che vedo, e così dico "piano", "spiazzo" e da lì "piazza", ecco, è una piazzetta lastricata ora, e so anche dove si trova, proprio come in un sogno!
Ma ormai l'effetto sta finendo e quel che resta dei due grandi Dèi di prima, che sono rimasti presenti ma sempre più in secondo piano rispetto a queste visioni oniriche, mi salutano definitivamente, benevoli ma austeri come sono comparsi, e svaniscono nell'aria insieme alla musica.
E così apro gli occhi.
Autore | Fohat |
Sostanza assunta | DMT |
Via di somministrazione | fumata |
Quantità | 40mg |
Intorno alle quattro del pomeriggio arrivo a casa di N. Siamo soli e molto eccitati all'idea di provare una delle sostanze più affascinanti che esistano, la DMT. A dire la verità N l'ha già sperimentata con un amico sotto forma di changa, la settimana scorsa, ma dice di non essere pienamente soddisfatto dell'esperienza.
Così tira fuori un piccolo contenitore conico con 80 mg di cristalli trasparenti tendenti all'arancione e piuttosto appiccicosi, e decidiamo di dividerli a metà: 40 mg a testa.
Siccome ha già provato faccio iniziare lui. Carichiamo la 'pipa' che N ha costruito davvero bene per essere fatta in casa e lui si siede sul letto. Io metto della musica d'atmosfera a basso volume (El aguila y el condor di Tito La Rosa), spengo la luce e, in ginocchio, con l'accendino parto dal basso e mi avvicino lentamente al braciere.
Dopo qualche aggiustamento una piccola scia di fumo si alza nella bottiglia. In qualche secondo la fumata diventa densa e consistente, aspetto che riempia la bottiglia e gli dico di tirare. L'operazione si ripete tre volte, alla quarta N mi allontana con una mano, ne ha abbastanza, e si sdraia sorridendo.
L'atmosfera in penombra e la musica mi coinvolgono a tal punto che mi sento ipnotizzato anche io, e mi siedo in terra un po' distante, per cinque minuti, nel silenzio.
Poi viene il mio turno.
Ricarichiamo. Prendo il posto di N e lui il mio. Tensione, tensione incredibile. L'accendino va su e giù, poi si ferma, ha trovato il punto. All'improvviso una fumata enorme, il doppio delle precedenti, esce dal braciere e riempie la bottiglia. Inspiro a pieni polmoni, trattengo a lungo, espiro, poi ancora una volta svuoto la bottiglia. Percepisco un repentino cambiamento, guardo la bottiglia che si sta di nuovo riempiendo: «No! Andrò troppo oltre», penso, ma in un attimo decido: faccio anche il terzo tiro con forza e trattengo trattengo trattengo! Il bruciore del fumo è sempre più forte e ho due forti spasmi di tosse, ma non mollo. Fisso il tappeto davanti a me, e tutto comincia a muoversi velocemente e in modo confuso, come l'acqua nel momento in cui inizia a bollire forte. In un istante vengo risucchiato da qualche parte. Ora posso espirare, e mi lascio cadere sul materasso.
Subito ad occhi chiusi si palesano delle visuali intensamente colorate, sono triangoli, ma i lati spanciano verso l'interno come delle cuspidi, e brulicano ancora come l'acqua che bolle, vibrano.
Poi si stabilizzano, formando una cupola allungata verso l'alto e tappezzata di pattern. Aprendo gli occhi vedo le stesse cose proiettate sulla parete della stanza, ma è come se si frapponesse un velo e le vedo solo accennate, perciò decido che terrò gli occhi chiusi.
Adesso i triangoli interagiscono tra loro e si fondono formando due enormi esseri, due colossi slanciati verso il cielo. Chi sono questi bestioni? Li guardo bene, il loro aspetto è tutto basato sulle geometrie triangolari. Hanno il corpo slanciato e la faccia che è un misto fra quella del dio egizio Anubi e quella di un alligatore. (Mi si farà notare in seguito che un altro dio egizio, Sobek, ha la testa di alligatore)
E non sono solo in due, essi sono collegati fra loro dalle appendici dei loro corpi, e verso l'alto le loro facce si ripetono all'infinito, emergendo più piccole dal diramarsi delle loro estremità.
Non hanno un inizio e una fine precisa i loro corpi, sono tutti parte di un frattale gigantesco che si staglia nell'infinita altezza della cupola, o forse ne costituisce la struttura.
Quel che è certo è che si distinguono in due colonne, i due esseri più grandi sono uno a destra e uno a sinistra. Due colossi perfettamente simmetrici, che tuttavia non sono fissi, ma continuano a brulicare, anzi, ora oscillano da un lato all'altro in una specie di danza shamanica.
Il mio respiro è ampio e profondo, di una naturalezza incredibile, ed è qui che avverto di essere "a Casa". È un richiamo ancestrale.
Sento di essere nel luogo dove tutto è cominciato. La mia esistenza eterna ha attraversato infiniti mondi, questo è forse il ricordo di uno di essi, e viene da un passato lontanissimo. Forse.
Ma sicuramente questi due esseri, loro sono antichissimi, sono guardiani dell'universo, creature gigantesche e imponenti vive da millenni.
Tutto questo mi comunica la loro vista mentre sono disteso, e loro sopra di me sembra che mi stiano vivisezionando, o che, possenti sciamani, mi stiano somministrando dei rimedi, danzando nel frattempo intorno a me nella grande tenda circolare.
L'effetto scende drasticamente tutto insieme, e questa realtà così vivida si dissolve come nebbia, si confonde con qualcos'altro, passando in secondo piano. Capisco solo ora di trovarmi in una tenda, perché questa sta sfumando e dietro comincio a mettere a fuoco: intravedo la civiltà, un viale, passano due macchine, poi vedo un enorme stadio di calcio illuminato, lo vedo dall'alto e piano piano la visuale scende fino a terra, ma ora è un campo di calcetto di periferia, è sera ed è illuminato da lampioni bianchi, io mi trovo a pochi centimetri da terra, nella posizione da cui si batte un calcio d'angolo.
Vedo un calciatore che corre, calcia la palla, ma la palla è un groviglio informe di serpentelli di carta luminescenti, e su ogni striscia di carta vi sono tantissimi caratteri di un alfabeto che non riesco a distinguere, e rifulgono di luce.
Tutto è adesso strano e simile ad un sogno, dove cose molto significative si mescolano a cose nonsense, e comincio lentamente a parlare e descrivere ciò che vedo, con un tono calmo e profondo.
E descrivendo mi rendo conto di riuscire a creare con la parola la realtà interna. Infatti quando descrivo il campo di calcetto mi soffermo un attimo per cercare la parola giusta: "campo" non si addice al terreno sempre più grigio che vedo, e così dico "piano", "spiazzo" e da lì "piazza", ecco, è una piazzetta lastricata ora, e so anche dove si trova, proprio come in un sogno!
Ma ormai l'effetto sta finendo e quel che resta dei due grandi Dèi di prima, che sono rimasti presenti ma sempre più in secondo piano rispetto a queste visioni oniriche, mi salutano definitivamente, benevoli ma austeri come sono comparsi, e svaniscono nell'aria insieme alla musica.
E così apro gli occhi.