Sostanza: 3g Psilocybe Golden Teacher
Orario di inizio: 16:30
Set: pranzo leggero, pausa da altre sostanze da 10 giorni, momento molto sereno della mia vita
Setting: appartamento in affitto in Sardegna con terrazza e vista stupenda sulla valle col tramonto
Sitter: la mia compagna, che non aveva assunto sostanze e che aveva altre cose da fare, il suo ruolo è stato "darmi un occhio ogni tanto che stessi bene"
Ho preparato i 3g di GT essiccati, sminuzzandoli e mettendoli nel limone. Dopodiché ho messo un lettino da mare in terrazzo, preparato coperte ed acqua. Ho deciso di utilizzare la musica, una mia playlist con elettronica d'ambiente molto aperta. Telefono staccato e stop a qualsiasi influenza esterna. Alle 16:30 ho assunto i funghi.
Ho iniziato a godermi il tramonto stupendo, con la musica, la mia compagna in casa che faceva le sue cose, sentendomi beato e fortunato. Alle 16:50 ho iniziato a comprendere il movimento delle nuvole che aveva una direzione, quella del vento, e che tutto andava in quella direzione, il primo segno che il mio flusso di pensieri stava cambiando. Mi sono sentito eccessivamente esposto agli stimoli lì fuori, chiedo alla mia compagna di aiutarmi ad entrare perché "ho paura il vento mi soffi via".
Faccio per andare in camera, ma poi penso sia da stupidi non connettermi alla forza di questa terra magica e a questo tramonto, così spostiamo il lettino in casa davanti ad una grande finestra. Faccio pipì, e dico alla mia compagna che "ogni cosa inizia ad essere un simbolo". Mi sdraio con la musica sul lettino.
Alle 17:15 ho iniziato a vedere colori e frattali, soprattutto ad occhi chiusi. Esclamo "nei miei occhi c'è il più bel film che si sia mai visto". Iniziano a tremarmi le gambe. Do fondo alla mia esperienza di bioenergetica, e così decido di assecondare il movimento. Inizio a vibrare tutto, sempre di più. Sapevo che era il modo con cui i funghi stavano andando a resettare e predisporre il mio organismo all'esperienza, è partito dai piedi e poi è salito in tutto il corpo. Guardo il mio telefono (con cui ascoltavo la musica in cuffia) e mi meraviglio che possa essere un telecomando per settare la potenza dell'esperienza attraverso il volume, lo alzo. Ho riso tantissimo, per tantissimo tempo.
Dopodiché ho completamente abbandonato questo piano di realtà.
Ricordo però che spingevo con le gambe contro il vetro, sentendomi come un neonato a cui vengono spiegate le cose per la prima volta. Il tutto ridendo come un bambino. Ogni cosa del paesaggio era una parte di me, le mie dita erano come montagne, i miei capelli gli alberi, il respiro il vento. Un senso di totale gratitudine, accompagnato da risate.
Verso le 17:50 succede un regalo della vita: a causa delle mie convulsioni il lettino cede di schianto. Continuo a ridere, la mia compagna arriva da me. Cerca di aiutarmi ad alzarmi e le rispondo "non riesco, perché non ho più confini". Ero completamente connesso a qualsiasi cosa attorno a me. La gravità aveva perso completamente significato, grosso modo ripiegandosi di 90 gradi. La mia compagna mi aiuta a mettermi sdraiato sul divano. Continuo ad avere le convulsioni, vibrando. Mi rendo conto che la musica stessa a questo punto è l'ultimo strumento di controllo che ho, quindi decido di spegnerla e lasciarmi andare completamente.
Chi legge questo forum penso mi possa capire, ma è assolutamente indescrivibile a parole quello che ho vissuto in questo pezzo di esperienza. Non riesco nemmeno a ricordarlo lucidamente, perché sono un contenitore troppo piccolo. Riferisco cosa mi ha raccontato la mia compagna (da qui fino alle 18:30).
Qui ho avuto un picco potentissimo, in cui mi sono fuso completamente a "quella cosa lì", non so che nome dargli. Quella pura ispirazione contemplativa che sta prima dell'universo e prima del tempo (e non è un ragionamento a posteriori ma quello che ho saputo in quell'istante), anche il tempo era completamente dissolto.
Intorno alle 18 esclamo che le mie convulsioni sono una danza con "quella cosa". Ci sto danzando insieme in qualcosa di primordiale. Non ho altre memorie esprimibili di questo momento.
Alle 18:30 le convulsioni diminuiscono e chiedo di spostarmi a letto,, la mia compagna mi aiuta, accendendo delle candele e mettendomi sotto una coperta.
Qui la realtà ad occhi chiusi ed a occhi aperti si sovrappone. Ho iniziato ad avere la sensazione che stavo prendendo parte ad un rituale antichissimo. Come antichi esseri umani sdraiati in una radura di notte col fuoco, sotto la meraviglia del creato. Non era solo un cielo di stelle, ma proprio una luce intensa e vibrante, colorata. Non potevamo che contemplare. Ero io, la mia compagna (anche se era nell'altra stanza) e tutti gli altri umani di ogni tempo, ognuno nella sua radura a contemplare verso l'alto. Tutto vibrava all'unisono, come pulsante. Io ero completamente dissolto, mi sono sentito un qualcosa di minuscolo di cui ho avuto un'immensa tenerezza, che ammirava qualcosa di infinito. Mi ricordo il respiro, che era il vento che soffiava attorno e dentro di me.
Verso le 19 ho iniziato a voler tornare a casa, l'esperienza ha iniziato a scendere gradualmente.
Ho chiamato la mia compagna, e immenso dono della vita, ho iniziato a raccontarle tutto ancora in uno stato di mezzo tra questo piano di realtà e l'assoluto. Era incredibile perché ho parlato in maniera perfettamente lucida, ma ancora a contatto con quel mondo e perfettamente cosciente di entrambe le cose.
Ho spiegato che è dall'alba dei tempi che noi ci connettiamo a questo stato primordiale di pura contemplazione creativa (un ossimoro, ma con un senso). E ho poi spiegato che il nostro atto di vivere è un modo in cui "quella cosa lì" (v sopra, l'assoluto? dio? boh...) cerca di spiegare a se stesso cos'è. Da qui la necessità di creare dei codici, da sempre.
Così è nata la parola, la scrittura. Ma anche il tempo e lo spazio sono nostre invenzioni, con cui cerchiamo di codificare e poter spiegare "quella cosa lì". Ho iniziato a parlare di poter essere ovunque, del fatto che le altre persone sono noi stessi sotto altre forme per spiegarci un pezzo. I nostri genitori e la loro stessa morte sono solo un modo in cui ci viene spiegato tutto, sono codici, simboli.
Guardo la mia compagna e le dico "tu no, tu ci sei sempre stata, sei con me da sempre". E' come se lei fosse qualcosa di primigenio (ed è una sensazione che ho da quando l'ho conosciuta). Ci tengo a specificare che questo "sempre" non è inteso in un tempo lineare, ma come una sensazione di eternità della presenza, come fosse il cielo che da quando nasciamo a quando moriamo è sopra di noi, semplicemente c'è in maniera eterna per noi.
Piano piano sono sceso nel corpo, alle 19:45 ho sentito una gran fame. La mia compagna mi porta del pan guttiau, esclamo che sa di popcorn e lo mangio con un gusto come non ho mai avuto. Bere l'acqua è una connessione con ogni acqua mai esistita in ogni angolo del mondo.
Continui a raccontare di intuizioni alla mia compagna, mi chiede se voglio essere registrato. Rispondo di no.
In quel momento ho capito che era necessario affidare la verità ad un'altra persona, come facevano gli antichi. Loro non avevano registratori, non avevano manco la scrittura. La parola è stato forse il primo codice, quindi in quel momento mi è sembrato il più adatto per spiegare, e sapevo che depositare tutto questo in un'altra persona, in un'altro inconscio, aveva uno scopo ben preciso.
Alle 20 sono perfettamente lucido ma ancora capace di attingere a quella conoscenza.
La mia compagna prepara la cena, continuo a dirle intuizioni. Lei cucina un fico d'india e ci chiediamo se sarà buono in quanto è molto coriaceo e le dico "dobbiamo spiegare al fico d'india come farsi mangiare, ma non a questo, intendo al primo dei fichi d'india così poi tutti sono commestibili".
Esco in terrazzo, guardo il cielo e mi metto a ridere e piangere contemporaneamente per la bellezza di questa realtà. Vedo anche l'altezza del terrazzo, sento che lì sotto c'è la morte, che è sempre con noi. E anche la morte è un modo con cui cerchiamo di dare significato, di spiegare "quella cosa lì", proprio attraverso il morire.
La sensazione in questo momento è che la realtà in cui viviamo è un modo con cui cerchiamo di dare significato a quell'assoluto. Ogni cosa è un simbolo. Ho un profondissimo senso di gratitudine per questa realtà che sto creando, per la sua infinita bellezza e per la mia vita.
Questo è tutto quello che riesco a riportare. Sento questo racconto comunque come riduttivo, ma almeno rimane una traccia.
Nella giornata di oggi è come se mi fosse rimasta la consapevolezza di quello che ho vissuto e sentito, e piano piano sento di volerlo integrare nella vita di tutti i giorni, nei suoi automatismi. Non vedo l'ora di incontrare sia il mio terapeuta sia un terapista specializzato in integrazione degli psichedelici con cui ho preso contatto. Nel frattempo mi godo questa esperienza stupenda che ho vissuto
