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Enjoy.
50/50: Augmented Reality
A Life report spiced on drugs

Piacere mi chiamo Grub, e mi annoio in fretta.
Eppure ci sono cose di cui non mi stancherei mai. Il mio nome ad esempio. Alcune persone cui voglio bene. Mi piacerebbe dire altrettanto del resto.
Credo di soffrire di ADHD, se è davvero una patologia questo non lo saprò mai, probabilmente la mia mente già domani si sarà spostata verso nuovi interessi, lasciandomi con gli stessi dubbi di oggi. Forse è per questo che scrivere mi è così affine. Sento il bisogno di imprimere qualcosa che resti indelebile e immutato, pensieri che non perdano di forza nel corso degli anni.
Sono capace di molte cose, la mia mente è propensa ad adattarsi in ogni contesto e luogo, eppure per fare anche solamente una cosa alla perfezione cosa non darei…
Poiché il mio pregio più grande è la mia sciagura. L’evoluzione umana portata alla sua forma più estrema di adattabilità ed eclettismo.
Uno strano jolly, che può servire a tutto ma non vale a molto di per se.
La mia bussola punta a un nord che è in costante spostamento, le mie vele si gonfiano di un alito generato dall’emozione dello scoprire e vivere qualcosa d'inedito. E nulla più. Che male c’è se vengo sospinto solo da questo? E nonostante tutto non mi ritengo una persona superficiale. Anzi, al contrario. Disdegno con tutto me stesso quelli che non hanno cura delle cose senza tempo, quali ad esempio le emozioni.
Eppure mi immedesimo, empatizzo. Cambio volto, mi mimetizzo. E tutto ciò con naturalezza, come se non fossi nato per esser altro.
Che cosa buffa da dire. Non si è nati per nessuno scopo in fondo.
Piacere mi chiamo Grub, e vivo in questo mondo fatto di relitti.
Persone e cose alla deriva che non sanno dove andare. Tutti ammassati la fuori a cercare di aggrapparsi ad un pezzo di tavola per non annegare.
E io che li guardo e non li ammiro. Però poi cambio idea e li invidio.
Perché nel loro tentativo maldestro di salvarsi dimenticano che la colpa non è loro se è affondata la nave.
E nel fare ciò si dimenticano di essere civili e vivono come barbari in attesa che il loro destino imminente li colga, nella speranza di aver vissuto meglio di altri piuttosto che essere felici tutti insieme.
Mirate quegli stolti che calpestano i più deboli per restare in superficie. Fanno schiere di cadaveri solo per ritardare il loro misero destino.
Sputano, intaccano, scherniscono e ripudiano i loro simili.
Giudicano, alzano le mani.
Tagliano le mani. Poi ti cavano gli occhi. Ti recidono la lingua, ti strappano le orecchie.
E se non ti decidi a stare bravo ti tolgono pure il pensiero.
Piacere sono Grub, ma sono anche veleno.
Vivo in questo bozzolo che mi sto costruendo, composto da tutto ciò che mi piace e non mi piace. Un giorno spero di morirci dentro questa crisalide. Morire e rinascere come falena. Guardare l’esuma delle mie vite passate e volare via verso un bagliore ancora più intenso, un fuoco ancora più ardente.
Ma sono ancora larva e intanto guardo, osservo, ascolto, vivo.
Ma purtroppo vivo a modo mio. Passo da momenti di intrepida frenesia a monotone e banali giornate. Una vita diluita, una bevanda dal gusto prolungato ma tremendamente blanda. O un’alternarsi di numerosi apici di magnifica azione a prolungate sessioni di inammissibile ozio e passività.
E quando eccedo, subito con la paura di bruciarmi le ali prima ancora di farle crescere.
Forse è questo il mio problema. Sogno delle ali che mi sono state promesse ma che ancora aspettano il momento di uscire fuori. E nel far questo mi dimentico di vivere come la larva che sono. Ma come fare a vivere nel mio piccolo bozzolo senza la paura di non soffocare? Perché vivere in un mondo dove a pochi interessa di vedere la mia vera natura?
Piacere sono Grub, ma ditemi voi che fare, che dire.
Perché io non sono per niente bravo a prendere decisioni. Ma sono dannatamente bravo a capire quello che è giusto fare. In fondo non siamo un po’ tutti così? Burattini di questa vita fatta di burattinai. Che a loro volta sono controllati da altri. E i fili si confondono e si ingarbugliano. Alla fine l’unica soluzione che viene data alla nostra civiltà è quella di comportarsi in maniera spastica, mossi da impulsi scoordinati e inutili.
Serve ordine ma dove trovarlo? Io per quanto piccolo, trovo conforto nella mia natura. Fare tante esperienze di vita in una sola apre la mente a diverse possibilità.
Probabilmente in un futuro non mi chiamerò più Grub, avrò cambiato forma, interessi e modo di pormi. Ma nel mio piccolo resterò sempre e solo io. E io resterò sempre e solo nel mio mondo. Su binari che corrono paralleli a questa vita. Sopra un treno che viaggia con orari e mete diverse.
Eppure da questo circolo io ci voglio uscire. Vorrei spezzare queste catene che mi legano a doppio filo con la mia metamorfosi. Vorrei portare tutto e tutti nel mio viaggio eppure… non ne ho le forze. La mia essenza è effimera. Il mio fare ciclico. E alla mia scomparsa nascerà nuova vita.
Piacere sono Grub, e sono stanco.
Eppure che ci devo fare? Nessuno mi ha detto che sarebbe stato facile. Ma non è colpa di nessuno se sono venuto al mondo, che colpa ho se dal mondo cerco quello che mi piace? In fondo sono una larva mansueta. Non rompo le scatole a nessuno. O forse si. Mi nutro della stessa cosa di cui si saziano le entità che coltivano questa nostra natura. Ma io questa natura la voglio perpetrare, loro la vogliono solamente vincolare. Mentre io seguo le leggi dell’evoluzione e delle metamorfosi, della vita e della morte; loro cercano con tutti i mezzi di mantenere le cose in stallo. Funzionale si, ma per chi?
E io merito forse di essere debellato per il loro tornaconto?
Schiavo di altri schiavi, è questa la beffa del mio destino. Ma loro non vedono, se non attraverso una patina filtrata.
Loro non sentono le catene ai loro piedi. Sono come me ma non vogliono la metamorfosi. Vogliono continuare a vivere nella beata ignoranza di bruco. Fagocitando il loro stesso supporto. E bruchi generano altri bruchi che hanno dimenticato cosa vuol dire poter volare.
Piacere mi chiamo Grub, e non so più distinguere il giusto dallo sbagliato.
Il bello dal brutto, il buono dal cattivo. Il bianco e il nero. Forse perché questi estremismi non esistono. Esiste solo la sfumatura grigia, cinerea come la mia livrea non appena arriverà il momento. Prego per la mia salvezza, prego affinchè questo mio modo incongruo di vivere non porti alla mia sciagura. A morire di fame prima del tempo.
Paura. Terribile paura. Non di morire ma di vivere male. O peggio di perire come gli altri, nonostante avessi compreso qualcosa nel mio piccolo.
Oppure il terrore di perdermi nei miei giri e cadere nel baratro dei miei veleni e delle mie passioni brevi e fugaci, ma così tremendamente piene di vita, di arte, di conoscenza. Vivo in questo stato di realtà aumentata fatta di sentimenti e sensazioni amplificate. Siano esse felici o tristi. Dove sta il bello in tutto ciò? Solo nel sentirmi più vivo e fragile al tempo stesso? Vivo e sono spaccato in due. Chi è il vero io? Esiste un solo io? Esiste l’io?
Quante domande mi aspettano qui dentro. E quanta vita sento di lasciare alle spalle. Quante esperienze fuori da questo bozzolo che aspettano solo di essere vissute. Come vorrei che la mia crisalide contenesse il mondo intero. Quante cose ci farei all’interno, al sicuro. Senza lasciare niente al caso. Eppure questa è la strada che ho scelto, partire dal centro. E il centro sono io. Che sia ego o meno, poco importa, un punto di partenza lo devo pur trovare. Per sentirsi persi serve sapere da dove si è partiti. Ma se sai da dove parti non sei mai perso per davvero.
E’ quindi giusto provare, sbagliare, rischiare di fallire? E chi si ricorderà di me? Quanti avranno belle parole da spendere per una larva come me?
Piacere mi chiamo Grub. E manco è il mio vero nome.
PS. scrivere fa bene, invito tutti a farlo.